TERAMO – I Centri antiviolenza d’Abruzzo rivolgono un appello alla Regione Abruzzo: utilizzare i fondi straordinari messi a disposizione dal Ministero delle Pari Opportunità, individuare alloggi alternativi, allontanamento del maltrattante dalla casa familiare come scelta prioritaria.
Le ultime settimane hanno condotto i Centri Violenza abruzzesi e le istituzioni che le gestiscono, è il caso della Provincia di Teramo, ad una serie di riflessioni suscitate dalle criticità che si sono presentate in queste settimane di emergenza.
Per alcuni aspetti, come facilitare alle donne le richieste di aiuto e l’approccio con i servizi, le nuove circostanze hanno dato un impulso positivo all’individuazione di strumenti nuovi come l’APP YouPoll (con immediato effetto anche probatorio) e altri strumenti digitali che facilitano la richiesta d’aiuto (La Fenice ora è anche raggiungibile attraverso semplice messaggio Wapp).
Rimane da sciogliere, secondo Centri Antiviolenza, una questione centrale ed è quella della necessità di disporre di alloggi alternativi e temporanei stante le limitazioni di ingresso in quelle esistenti imposte dall’emergenza CIVID.
Il Centro Antiviolenza dell’Aquila "La Libellula e casa Rifugio" di Sulmona", "Alpha" di Chieti; "Non sei sola" di Ortona; "La Fenice" di Teramo, la "Casa delle donne" della Marsica e "Ananke" di Pescara, quindi, hanno sottoscritto un appello alla Regione Abruzzo indirizzandolo al Presidente, all’Assessorato alla sanità, a quello delle Politiche sociali, al Dipartimento Lavoro –Sociale della Regione Abruzzo Servizio Politiche per il Benessere sociale, alle quattro Prefetture abruzzesi.
Partendo dal fatto che con Decreto del 4 aprile il Ministro per le Pari Opportunità ha disposto l’iter straordinario per l’erogazione alle Regioni dei fondi relativi all’annualità 2019 "stabilendo che quota parte di essi possano essere utilizzati per le esigenze emerse in questa fase emergenziale in particolare per il funzionamento delle citate “strutture d’accoglienza alternative e temporanee” i Centri chiedono:
– una Cabina di regia regionale che coinvolga i rappresentati della Regione Abruzzo -Uffici del Dipartimento per la Salute e il Welfare e i rappresentati dei centri e delle case rifugio,
–l’attivazione di una procedura regionale semplificata che permetta l’individuazione di strutture ospitanti alternative (strutture alberghiere, B&B, residence, anche eventualmente in accordo con le Prefetture tramite il ricorso alle requisizioni in uso (ai sensi del comma 7 dell’art. 6 del D.L. 17marzo 2020, n. 18) che abbiano caratteristiche adeguate alle esigenze delle donne e dei loro eventuali figli minori, possibilmente in prossimità dei Centri e delle Case rifugio;
–la disponibilità delle Asl territorialmente competenti alla somministrazione del tampone alle donne accolte nelle strutture temporanee affinché possa essere agevolato il loro successivo ingresso nelle Case rifugio sia locali che fuori regione;
–la massima collaborazione di tutti Enti ed Organismi privati coinvolti nel garantire l’anonimato e la riservatezza alle donne e ai minori eventualmente ospitati nonché un sostegno concreto alle incombenze quotidiane di gestione delle strutture individuate.
Inoltre, i Centri, hanno scritto alle Procure e ai Tribunali sottolineando l’opportunità di fare ricorso, come via prioritaria sempre preferibile, all’allontanamento dalla casa familiare del maltrattante.
"Come tutte le fasi emergenziali, e questa del COVID è la più grave dal dopoguerra in poi, si rintracciamo elementi di accelerazione che comportano cambiamenti – commenta la consigliera provinciale al sociale e alle pari opportunità, Beta Costantini- in queste settimane si è riflettuto e lavorato molto sui servizi antiviolenza: l’appello della Provincia sui fondi e sulle soluzioni alternative, non è caduto nel vuoto. E’ stato condiviso, elaborato e implementato dalla rete dei Centri Antiviolenza abruzzesi. Un risultato molto positivo. Così come leggiamo dalla cronaca di questi giorni i casi di allontanamento del maltrattante sono una realtà e mi auguro che questi provvedimenti diventino la norma ogni volta che è possibile lasciando il nucleo familiare, già traumatizzato, nella propria casa ".